La trasferta

La trasferta consiste in una modifica temporanea del luogo di svolgimento delle mansioni lavorative rispetto alla sede abituale di lavoro indicata nel contratto. Essa nasce a seguito di esigenze produttive/organizzative del datore di lavoro di carattere transitorio: la sua caratteristica principale ed indispensabile è infatti la temporaneità. Per quanto lungo, lo spostamento del lavoratore è sempre provvisorio e prevede in ogni caso il suo rientro nella sede abituale di lavoro (se lo spostamento fosse definitivo ci troveremmo di fronte ad un trasferimento).

In generale, il datore di lavoro non ha limiti al potere di assegnare in trasferta il lavoratore, il quale, in caso di rifiuto, commetterebbe un’insubordinazione sanzionabile con il licenziamento. Un limite al potere datoriale è comunque dato dall’obbligo del rispetto della libertà e dignità del lavoratore, che può opporsi alla richiesta di trasferta se sussiste una valida ragione (es. una trasferta che è stata dichiarata illegittima dal giudice perché fondata su motivi discriminatori).

La trasferta non è disciplinata dalla legge ma dai contratti collettivi di settore, che in particolare ne regolano gli aspetti economici. Al lavoratore in trasferta è riconosciuta:

  • un’indennità di trasferta (detta anche diaria). Va corrisposta per tutte le giornate in cui dura la missione (comprese quindi festività e domeniche). È differente a seconda che si tratti di indennità di trasferta fuori oppure entro il comune della sede lavorativa;
  • il rimborso delle spese sostenute per lo spostamento (viaggio, pernottamento, ecc,). È onere del lavoratore presentare al ritorno la relativa documentazione (scontrini, fatture).

Il lavoratore in trasferta non va confuso con il trasfertista, che è quel lavoratore che, per il tipo di attività itinerante svolta, non ha una sede fissa ed è tenuto per contratto allo svolgimento della propria attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi (es. addetto di un’impresa di impianti elettrici).

Qual è la differenza fra trasferta e trasferimento?

La Corte di Cassazione ha ribadito più volte che il requisito principale della trasferta è la sussistenza del legame con la sede originaria di lavoro. Anche se la trasferta si protrae nel tempo, è in ogni caso previsto il ritorno del lavoratore alla sua sede di lavoro. Al contrario, nel caso di trasferimento la nuova sede di lavoro viene assegnata al lavoratore in modo definitivo (rif. sentenza Corte di Cassazione n. 6240 del 21.3.2006).

Quali sono le conseguenze nel caso in cui il lavoratore rifiuti di andare in trasferta?

La Corte di Cassazione in una sentenza recente ha espresso il principio per cui il lavoratore che rifiuta di andare in trasferta – il quale, al momento dell’assunzione, ha dato disponibilità ad eseguire trasferte – può essere legittimamente licenziato (rif. sentenza Corte di Cassazione n. 6896 del 20.3.2018).