Il patto di prova

Il contratto di lavoro può contenere una clausola con cui il datore e il lavoratore subordinano l’assunzione definitiva all’esito positivo di un periodo di prova. Questa clausola si chiama patto di prova. È una clausola facoltativa e la sua funzione è duplice: permettere al datore di verificare la capacità professionale del lavoratore e la sua idoneità alle mansioni affidate e consentire al lavoratore di valutare il suo interesse all’attività lavorativa con riferimento alle condizioni lavorative e retributive offerte. È, in sintesi, una verifica dell’interesse a continuare il rapporto di lavoro. Tuttavia, considerato che il mercato del lavoro è caratterizzato da una diffusa disoccupazione, il patto di prova, nei fatti, è quasi sempre imposto unilateralmente dal datore di lavoro per verificare le capacità del lavoratore prima dell’assunzione definitiva.

La clausola del patto di prova, per essere valida, deve:

  • avere la forma scritta (a pena di nullità del patto stesso e di assunzione definitiva del lavoratore);
  • essere anteriore o contestuale all’assunzione (se è successiva è nulla);
  • contenere l’indicazione specifica delle mansioni che il lavoratore deve svolgere durante il periodo di prova e sulle quali il datore esprimerà l’esito;
  • avere una durata massima, che è prevista dai contratti collettivi e che in ogni caso non può superare il limite di legge di sei mesi. I contratti collettivi usano come riferimento i giorni o i mesi.

Durante il periodo di prova sia il datore sia il lavoratore possono in ogni momento recedere dal contratto di lavoro senza motivazione e senza l’obbligo di garantire un periodo di preavviso.

Durante il periodo di prova, il lavoratore viene regolarmente retribuito per il lavoro svolto, anche se l’esito della prova è negativo. Terminata la prova, il rapporto di lavoro diventa definitivo e l’attività prestata si computa nell’anzianità aziendale del lavoratore.

Come conteggiare il periodo di prova? Nel calcolo rientrano solo i giorni lavorativi?

È necessario verificare quale espressione usa il contratto collettivo, che può prevedere il conteggio dei soli giorni di lavoro effettivo, con esclusione, in questo caso, dei riposi settimanali e delle festività (rif. sentenza Trib. Milano n. 12/1/2016, Giud. Tomasi).

Se al lavoratore viene comunicato l’esito negativo della prova, il datore ha l’obbligo di motivare questa decisione?

La legge non prevede nessun obbligo di motivazione ma tale obbligo può essere previsto, a maggiore tutela del lavoratore, dal contratto collettivo di riferimento (rif. sentenza Corte di Cassazione n. 28531 del 1/12/2008).