Il potere disciplinare del datore di lavoro

Tipico potere del datore di lavoro è il potere disciplinare. Esso consiste nel potere di applicare una sanzione disciplinare al lavoratore che ha commesso una mancanza nello svolgimento del proprio lavoro. Il potere disciplinare è strettamente correlato al potere direttivo, che è il potere di organizzare l’attività dei lavoratori sulla base delle esigenze dell’azienda mediante ordini, istruzioni e direttive che tutti i dipendenti devono rispettare. Il potere disciplinare per essere esercitato in modo corretto deve rispettare i vincoli imposti dalla legge.

Affissione del codice disciplinare

Il datore di lavoro ha l’obbligo di portare a conoscenza dei lavoratori l’insieme delle norme che regolano la materia disciplinare (i tipi di sanzioni che possono essere adottate; i casi in cui queste sanzioni possono essere applicate; la procedura da seguire, ecc.).Tali norme sono essenzialmente contenute nel contratto collettivo nazionale di lavoro applicato in azienda e si possono riassumere con il nome di “codice disciplinare”. La legge prevede che il codice disciplinare deve essere affisso in un luogo accessibile a tutti in modo che tutti i lavoratori possano venirne a conoscenza.

Sanzioni disciplinari

Le sanzioni disciplinari previste dalla legge sono (in ordine di gravità) il rimprovero scritto, la multa e la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione. La multa non può eccedere le quattro ore di retribuzione mentre la sospensione non può superare i dieci giorni. Esiste poi, nei casi più gravi, la sanzione del licenziamento disciplinare che, a differenza delle altre sanzioni, comporta la fine del rapporto di lavoro.

Contestazione degli addebiti

Il datore che intende infliggere una sanzione disciplinare deve prima di tutto contestare al lavoratore il comportamento negligente (la mancanza) che ritiene che questi ha tenuto. La cd. contestazione degli addebiti ha la finalità di permettere al dipendente di difendersi dando le proprie giustificazioni in merito a quanto è accaduto. Il datore deve contestare i fatti in modo preciso e completo affinché il lavoratore sia in grado di comprendere correttamente di cosa è accusato. La contestazione deve anche essere immediata: se il datore ritiene che è stata commessa una mancanza, deve avviare in modo tempestivo la procedura disciplinare per evitare di lasciare il dipendente in una situazione di incertezza. La contestazione disciplinare deve essere fatta per iscritto e il lavoratore ha cinque giorni, da quando la riceve, per fornire le proprie giustificazioni verbali o scritte.

Applicazione della sanzione disciplinare

Il datore di lavoro può ritenere non fondate le giustificazioni del lavoratore e applicargli la sanzione. Alcuni contratti collettivi nazionali di lavoro prevedono un termine finale per l’adozione della sanzione: in questi casi una volta scaduto il termine non è più possibile applicare il provvedimento disciplinare e le giustificazioni si ritengono accolte.

Impugnazione della sanzione disciplinare

Il lavoratore, se ritiene ingiusta la sanzione subìta, può rivolgersi al giudice (Tribunale del lavoro) per farla annullare. In alternativa, può rivolgersi ad un collegio di conciliazione ed arbitrato, che è formato da un rappresentante del lavoratore e da un rappresentante del datore di lavoro.

Sentenze

I giudici hanno affrontato il tema del potere disciplinare precisando meglio i confini entro i quali il datore può esercitare questo potere.

Con la sentenza n. 6845 del 22/3/2010 la Cassazione ha stabilito che il lavoratore può chiedere di essere sentito verbalmente per illustrare le proprie difese anche se ha già dato delle giustificazioni complete ed esaustive per iscritto. Sono state quindi ampliate le garanzie a difesa del lavoratore.

In altri casi i giudici hanno precisato meglio alcuni principi a favore del datore di lavoro. La Cassazione con la sentenza n. 21203 del 17/9/2013 ha stabilito che il principio dell’immediatezza della contestazione deve essere inteso in modo elastico, valutando di volta in volta se il datore ha avuto bisogno di tempo per comprendere i fatti posti alla base della contestazione stessa. Ciò significa che, a seconda dei casi, può essere legittima e tempestiva una contestazione fatta dopo che è trascorso un periodo di tempo più o meno lungo dalle vicende che le hanno dato origine.

Il datore di lavoro può sanzionare i suoi dipendenti?

Sì, si tratta del potere disciplinare del datore di lavoro che per essere esercitato in modo corretto deve rispettare i vincoli previsti dalla legge.

Innanzitutto il datore di lavoro deve far conoscere quali comportamenti e come verranno sanzionati (codice disciplinare). Spesso queste indicazioni sono nei contratti collettivi applicati.

Far conoscere come? Il codice disciplinare deve essere affisso in luogo accessibile a tutti i lavoratori

Quali sono le sanzioni che può fare? La legge in ordine di gravità prevede: il rimprovero scritto, la multa e la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione.

La multa non può eccedere le quattro ore di retribuzione mentre la sospensione non può superare i dieci giorni.

Esiste poi, nei casi più gravi, la sanzione del licenziamento disciplinare che, a differenza delle altre sanzioni, comporta la fine del rapporto di lavoro.

Come può fare sanzioni? Il datore che intende infliggere una sanzione disciplinare deve prima di tutto contestare al lavoratore il comportamento negligente (la mancanza).

La contestazione deve essere immediata, precisa e completa e per iscritto.

Su ciascuno di questi termini la giurisprudenza si è scatenata, diciamo che con precisa e completa s’intende che il lavoratore deve essere messo in grado di comprendere correttamente di cosa è accusato. Con immediata che in ogni caso bisogna dare il tempo al datore di lavoro di verificare i fatti.

E il lavoratore sanzionato?

Il lavoratore ha cinque giorni, da quando riceve la contestazione, per fornire le proprie giustificazioni verbali o scritte.

Sentite le giustificazioni, il datore di lavoro può accettarle ed evitare la sanzione oppure ritenerle non fondate e sanzionare il lavoratore. In questo caso l’unica soluzione per il lavoratore è rivolgersi al giudice.